La forza dei legami deboli

Oggi vi racconto una storia.

C’era una volta un giovane di belle speranze che aveva
intrapreso l’attività di consulente finanziario.

Durante i colloqui gli avevano fatto grandi promesse sulla
professionalità, su guadagni importanti e sul diventare un grande manager.
D’altronde gli uffici in cui lo avevano convocato erano molto belli: moderni,
ma in una posizione centrale e in un contesto molto signorile. Insomma,
l’immagine sembrava proprio confermare le parole del selezionatore.

Dopo un mese di dure selezioni, era riuscito a farsi
scegliere.

In seguito, aveva dovuto fare alcuni corsi propedeutici
all’attività e i formatori avevano puntato molto sulla necessità di conoscere
bene la materia e sulla centralità del cliente, per cui il nostro protagonista
si era messo a studiare, perché a lui piaceva fare le cose bene.

Dopo un altro mese di formazione, l’aspettativa era alta, e
la voglia di iniziare molto forte.

Ecco il primo giorno nella nuova sede di lavoro: finalmente
poteva mettersi alla prova, imparare un metodo di lavoro e applicarlo sul
campo, non come a scuola!

Chissà quale sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto:
un appuntamento con un cliente? Una visita in ufficio o a casa di una famiglia?
In qualche azienda?

No, niente di tutto questo… Il consulente Senior al quale
era stato affidato lo aveva messo su una scrivania e gli aveva fatto compilare
una lista di contatti personali a cui poter fare consulenza.

La storia finisce qui, anche perché secondo voi come può
essere finita l’avventura del nostro giovane di belle speranze?

Chiaramente questo è un caso limite, ma siamo proprio sicuri
che prima o poi quella lista non sia stata fatta compilare, magari “per
necessità”?

Potremmo intitolare questo racconto anche così: “Come
distruggere in 10 minuti tutto il lavoro fatto in settimane/mesi”.

Tra l’altro ho scoperto recentemente che questo metodo che
ho sempre giudicato negativamente anche per esperienza personale, lo è anche
per gli studiosi. In particolare, il sociologo Mark Granovetter ha dimostrato
che non è solo dannoso, è anche inefficace.

Granovetter distingue i legami sociali in due grandi
categorie:

· legami forti (familiari, parenti, amici stretti)

· legami deboli (conoscenti, persone che
incontriamo occasionalmente).

I primi sono coloro ai quali di solito ci rivolgiamo per
avere un supporto emotivo, mentre i secondi sono più utili dal punto di vista
professionale, anche perché probabilmente ci conoscono proprio come
professionisti. Nel suo saggio La forza dei legami deboli, Granovetter
applica questa distinzione nella ricerca di un nuovo lavoro, e dimostra che le
persone inserite in legami deboli hanno più possibilità di accedere ad
informazioni utili allo scopo rispetto coloro che sono inseriti in legami forti.

Anche nel business, quindi, è più facile che un contatto
“produttivo” venga da un legame debole che da un legame forte.

Mi rendo conto che sia controintuitivo, perché sembrerebbe
vero il contrario, ma fare liste di amici e parenti per vendere non è efficace:
è solo una scorciatoia che porta a schiantarsi più velocemente.

Meglio piuttosto lavorare sul metodo e sulle referenze, che
richiedono più cura e professionalità, ma danno risultati sostenibili nel
tempo.

Sono un coach e un formatore, lavoro soprattutto con consulenti di vendita e manager. I miei percorsi sono sia individuali che di team. Contattami per saperne di più: antonio@sanna.coach

Antonio Sanna

Coach | Formatore

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