Pensieri lenti e veloci

Complice un percorso formativo che sto facendo per una grande rete di consulenti, presso i quali sto trattando anche il seguente argomento, oggi voglio parlarvi di Daniel Kahneman e della sua importante teoria psicologica del doppio processo.

In base a questa teoria, noi “processiamo” ossia elaboriamo le informazioni che ci servono a prendere decisioni o fare scelte sulla base di due diversi livelli di approfondimento:

1. Il sistema 1 processa le informazioni in modo veloce, automatico e inconsapevole
2. Il sistema 2 le processa in modo lento, consapevole e con maggiore sforzo mentale

Perché è importante saperlo?
Perché anche i nostri clienti, soprattutto quando si trovano di fronte a scenari complessi e a decisioni o scelte che richiedono particolari competenze e grande sforzo mentale tendono spesso a decidere in base al sistema 1, che il regno dei pregiudizi o “bias”.

Solo successivamente, dopo aver in gran parte già scelto con il sistema 1 in modo inconsapevole, interviene il sistema 2 che razionalizza e talvolta “giustifica” la scelta fatta.

D’altronde sfido chiunque a dirmi che quando deve prendere una decisione considera sempre con precisione assoluta i pro e i contro della scelta mettendoli a confronto in modo “scientifico” su un foglio di carta o su un foglio di calcolo elettronico. Nella maggior parte dei casi si decide “a sensazione”, in base per esempio ad esperienze passate o al consiglio di amici e parenti considerati più esperti.

Il “sistema 1” è il regno dei bias, ossia dei pregiudizi, delle scorciatoie mentali che spesso adottiamo per scegliere o decidere.
Vediamone alcuni.

Status quo bias

Il pregiudizio dello status quo è collegato alla pigrizia della nostra mente, che preferisce non decidere per non dover provare lo stress dell’approfondimento e della scelta.

È un bias pericoloso per chi si occupa di vendita, perché va superato per portare il cliente a decidere di acquistare o addirittura di cambiare fornitore se ne ha già uno.

È per esempio il bias che interviene quando il cliente risponde frasi del tipo: “Grazie, ma non mi interessa… Grazie sono già a posto… Grazie ho già un consulente di fiducia”, ecc.

Di fatto, sono risposte automatiche che rivelano la scarsa voglia di affrontare l’argomento anche se potenzialmente vantaggioso…

Voi come fate per superare questo pregiudizio mentale da parte del cliente? Avete qualche best practice che adottate?

Overconfidence

L’overconfidence, o eccesso di fiducia, è il pregiudizio che ci porta ad avere troppa fiducia nei nostri mezzi rispetto a quanto sarebbe razionalmente o statisticamente giusto.

Molti di noi hanno la tendenza a sottovalutare i rischi per eccesso di confidenza. Pensate per esempio a quante volte vi è capitato di pensare, vedendo un incidente stradale, “questo non sa guidare, a me non poteva capitare”. Ma gli incidenti possono capitare a tutti e soprattutto il più delle volte non abbiamo abbastanza elementi per valutare obiettivamente l’accaduto.

In ambito professionale, l’overconfidence è uno dei pregiudizi più tipici che i consulenti assicurativi devono cercare di far superare ai clienti che, di fronte ad un rischio da assicurare (per esempio un infortunio o un furto) pensano “a me questa cosa non può capitare”. Anche in questo caso, le statistiche dimostrano invece che le cose capitano, eccome!

Il problema è che per persuadere il cliente all’acquisto, bisogna essere in grado di farlo passare dal sistema 1 del pregiudizio a quello del sistema 2 del ragionamento complesso.

A te capita di dover affrontare questo bias del cliente? Come fai ad affrontarlo?

Bias della conferma

Un bias molto “rassicurante” è quello della conferma, ossia la tendenza a prendere in considerazione solo ciò che conferma la nostra opinione.

Si tratta di una tendenza furbescamente sfruttata dai social network, che ci mostrano di solito le opinioni di chi la pensa come noi, evitando quelle di chi la pensa in modo diverso da noi.

Perché questo?

Perché confrontarsi con idee diverse dalle nostre comporta fatica e ragionamento, invece i social fanno affidamento proprio sul fatto che quando li sfogliamo siamo come “assopiti”, o almeno lo sono le nostre facoltà cognitive di secondo livello.

Approfitto di questo spunto per dirvi che i bias non sono qualcosa di negativo in assoluto: non vorrei che fosse passato questo messaggio. Sono, piuttosto, il modo che ha la nostra mente di risparmiare energie che può dedicare ad attività più creative e soddisfacenti. Se abbiamo delle certezze, non siamo costretti a cercarle in continuazione alimentando stress e preoccupazione.

Quello che credo sia importante, è essere consapevoli di queste nostre scorciatoie mentali per decidere ogni tanto di fare la strada lunga, che è più difficile, ma che può offrire un gran bel panorama! 😉

Che ne pensate?

Ancoraggio

Per usare una metafora marinaresca, possiamo dire che quando ci troviamo tra i flutti di una tempesta decisionale, avere un’ancora e un porto sicuro dove andare è molto comodo.

Quest’ancora deriva chiaramente dalle esperienze passate, che magari ci hanno dato buoni risultati in occasioni precedenti. Ma chi ci dice che sarà lo stesso anche in questo caso?

In effetti, il rischio è quello di dare troppo peso, di sovrastimare l’ancoraggio rispetto alla situazione attuale, che magari richiederebbe maggiori approfondimenti o un approccio in parte diverso.

In quali circostanze è utile conoscere gli ancoraggi?

Beh, per esempio, chi si occupa di vendita dovrebbe approfondire le abitudini di acquisto del proprio interlocutore per sapere quali argomenti usare al fine di favorirne l’acquiescenza automatica.

L’effetto alone

Non sono un grande esperto di vini, lo ammetto, e quindi se devo regalare una bottiglia a qualcuno sono un po’ in difficoltà perché non ho le competenze per giudicare un vino rispetto ad un altro, lo ammetto… Eppure anche a me capita di regalare del vino.

In questi casi magari chiedo aiuto al negoziante, oppure decido in base ad altri elementi, per esempio la bellezza della confezione o l’etichetta. Sono consapevole del fatto che non è un criterio molto affidabile, però è l’unico che ho a disposizione.

Questa mia “scorciatoia” cognitiva si chiama effetto alone, ossia estendo il giudizio positivo che do ad una parte del prodotto a tutto il prodotto. In assenza di altri elementi, al mio cervello sembra un criterio del tutto valido.

Chiaramente la stessa cosa può capitare anche in negativo: posso per esempio avere la tendenza a giudicare negativamente una persona per un particolare di lei che non mi piace (la barba, il vestito, metteteci quello che volete…).

Conclusioni

Come sempre, penso che la consapevolezza di come funziona la nostra mente sia un presupposto fondamentale per essere più efficaci nella vita e nel lavoro.

Il fatto stesso di rendersi conto delle nostre scorciatoie mentali ci dà il potere di non seguirle se non le riteniamo produttive. Nel coaching mi capita spesso di aiutare il coachee a notare i pregiudizi che gli precludono la realizzazione dei suoi obiettivi.

Allo stesso modo, allenarsi nella gestione dei bias del cliente può in alcuni casi rappresentare la differenza tra una vendita riuscita ed una solo sperata.

Sono un coach e un formatore, posso aiutarti nello sviluppo delle soft skill, nella vendita e nel marketing. I miei percorsi sono sia individuali che di team. Contattami per saperne di più: antonio@sanna.coach

Antonio Sanna

Coach | Formatore

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