Leadership situazionale: come adattare il proprio stile a quello del collaboratore per essere un leader più efficace

L’obiettivo di oggi è cercare di rispondere ad una domanda importantissima: Quali sono le caratteristiche di un buon leader?

Innanzitutto, cerchiamo di capire chi è un leader: è colui che riesce a guidare gli altri verso il raggiungimento dei propri obiettivi senza che questi si sentano obbligati; iniziamo, dunque, a capire come l’idea di leadership sia legata alla motivazione personale e all’influenza interpersonale.

Con questo articolo voglio approfondire le teorie della leadership elaborate da Kenneth Blanchard, uno dei maggiori esperti nel campo dell’apprendimento della leadership, consulente manageriale, trainer e autore di best seller di fama mondiale. Egli parte dal presupposto che “Comprendere le istanze dell’altro aiuta a metterci in relazione e quindi a stabilire un dialogo costruttivo con il nostro interlocutore”, ovvero, il leader deve cambiare le sue strategie di influenza in base all’interlocutore, alla sua personalità e la sua preparazione.

Quindi il leader, in base alle situazioni (ecco perché “situazionale”), deve adottare un diverso stile di leadership, cercando di valutare il collaboratore in base:

  • alla sua maturità professionale, ovvero la competenza personale acquisita dal collaboratore, la sua capacità di svolgere un determinato compito, di perseguire un determinato obiettivo;
  • alla sua maturità psicologica, ovvero la disponibilità e la volontà di assumersi in prima persona le responsabilità che derivano dagli obiettivi assegnati.

Secondo il modello di Blanchard, possiamo individuare quattro stili di leadership. 

Vediamoli insieme.

Stile direttivo

Questo stile di solito è adatto quando hai a che fare con un collaboratore la cui maturità professionale è ancora scarsa, quindi necessita di un mentore,
qualcuno che gli spieghi passo passo come svolgere il compito assegnato.

Immagina per un attimo di vivere durante il Rinascimento a Firenze e di essere bravo a disegnare: sei un giovane inesperto che ha delle buone potenzialità. La tua famiglia decide allora di farti entrare nella bottega più quotata dell’epoca, che è quella del Verrocchio. Ti trovi allora a lavorare con il maestro, il quale certamente non ti dirà di arrangiarti e di fare come ti pare, ma ti darà delle istruzioni molto precise su che cosa fare, su come mescolare i colori, su come pennellare, ecc. e inoltre sicuramente ti farà vedere come fa lui, sarà di esempio. In sintesi, ti darà istruzioni precise che ti serviranno per imparare il mestiere. Non a caso, dalla bottega del Verrocchio sono usciti grandi artisti come Leonardo da Vinci.

Torniamo ora ai tempi nostri e al tuo lavoro. Se ti viene affidato un collaboratore che è alle prime armi, sicuramente avrà molto entusiasmo perché vuole apprendere il mestiere, vuole imparare ciò che sai fare tu e ha bisogno di un maestro, di un mentore che gli dia indicazioni precise su che cosa fare per diventare autonomo. Ecco spiegato il collegamento molto stretto tra la maturità professionale, che è ancora scarsa, e lo stile di leadership che in questo caso non può che essere direttivo secondo il modello della della leadership situazionale.

In questa situazione, il leader deve:

  • Definire scadenze e obiettivi
  • Organizzare l’attività lavorativa del collaboratore
  • Essere di esempio

Stile motivante

Adottare uno Stile di Leadership motivante vuol dire che hai davanti un collaboratore la cui maturità professionale non è ancora ben formata, ma dimostra aver voglia di crescere e deve essere dunque incoraggiato.

In pratica, il leader fa un po’ da “coach”. Mi è tornato alla mente un famoso proverbio cinese che recita più o meno così:

Dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.

Ti è mai capitato di avere un collaboratore che chiede continuamente a te per ogni cosa? Che vuole che peschi tu il “pesce” e glielo dai, magari già cotto alla griglia e anche senza lische? Se è la prima volta che svolge un determinato compito, è giusto che tu gli dia tutte le indicazioni del caso e magari gli mostri pure come fare, secondo le logiche della leadership direttiva di cui ho scritto in precedenza. Ma se secondo te il dipendente ha le competenze, ma non agisce per insicurezza, per paura di prendersi deleghe, per pigrizia… come fare? In questo caso specifico, un capo “coach” rifiuterebbe di riprendersi indietro una delega che non gli appartiene e gli risponderebbe con una contro domanda del tipo: “tu come faresti?”, che è tra l’altro una domanda aperta che aiuta a ragionare. Sembra scontato, lo so, ma il più delle volte nelle organizzazioni i capi ritengono di fare prima sostituendosi al collaboratore, salvo poi soffrire per la scarsa autonomia degli stessi. Anche il “muscolo” dell’autonomia va allenato, altrimenti si atrofizza! In conclusione, se vuoi essere un leader coach devi sviluppare la capacità di capire quando è il momento di supportare il collaboratore e quando invece è il momento di aiutarlo a fare in autonomia.

Il leader motivante deve:

  • Chiarire gli obiettivi e i piani di azione
  • Incoraggiare il collaboratore, analizzando progressi e fallimenti
  • Verificare periodicamente l’avanzamento delle attività e dare feedback frequenti

Stile supportivo

Nella leadership situazionale, il leader supportivo aiuta un collaboratore che non è più alle prime armi, ma già sa svolgere autonomamente gran parte dei propri compiti, offrendo il supporto necessario per crescere ulteriormente e aumentare la propria autonomia professionale. Lo fa collaborando su richiesta sfruttando la propria capacità di coinvolgimento. Secondo me questa è la fase più delicata nella relazione tra capo e collaboratore: capita infatti che il collaboratore, ormai quasi indipendente, reclami un’autonomia che il capo percepisce talvolta come una mancanza di rispetto, un’offesa nei propri confronti. D’altronde, il collaboratore sta iniziando a prendere decisioni operative autonome e non sente più il bisogno di chiedere prima conferma al proprio capo/mentore. Anzi, potrebbe anche capitare che la presenza del capo venga ad un certo punto percepita come limitante, soprattutto se il capo non riesce ad adattare il proprio stile alla diversa maturità del collaboratore. Questa fase, in alcuni casi potrebbe portare o alla “sindrome del Conte Ugolino”, che nel racconto di Dante Alighieri finì per mangiare i propri figli, o all’opposto a quella del “figlio bamboccione”, che non diventa mai completamente autonomo a causa di un genitore troppo soffocante. Invece, un corretto sviluppo dell’autonomia del collaboratore deve portare il capo ad avere un atteggiamento delegante.

Il leader supportivo deve:

  • Incoraggiare il collaboratore a prendere l’iniziativa per risolvere autonomamente i problemi
  • Fornire sostegno, usare la lode per dare riconoscimento alla competenza
  • Mettere a disposizione il proprio aiuto su richiesta

Stile delegante

Partiamo con la premessa che la delega dovrebbe essere l’obiettivo di qualunque buon capo, tanto desiderata, ma poi così difficile da attuare davvero. Difficile perché per delegare bisogna secondo me superare due blocchi mentali: quello della fiducia e quello del perfezionismo. Prima di tutto, mi devo fidare delle competenze del mio collaboratore e della sua capacità di apprendere, magari anche dagli errori (ricordate il famoso detto “Solo chi non fa, non sbaglia?”). In secondo luogo, devo accettare che le cose possano essere fatte in modo diverso da come le farei io. Ricorderò sempre la prima volta che ho imparato questa lezione fondamentale. È stato tanti anni fa quando, nella mia “vita precedente” facevo da tutor ai produttori assicurativi, e mi resi conto che una collaboratrice era riuscita ad acquisire un nuovo contratto da un cliente che io pensavo ormai poco produttivo. Solo che la collaboratrice non lo sapeva (per fortuna mi ero astenuto dall’influenzarla) ed era andata dal cliente con entusiasmo e “mettendoci del suo”. Da quel momento ho imparato che dovevo “lasciar andare” anche se non era tutto “perfetto”. Tutt’oggi che faccio un lavoro molto diverso, sono felice di constatare che la delega non solo mi toglie incombenze, ma mi arricchisce di nuove possibilità che da solo non vedrei neppure.

Il leader delegante deve:

  • Dimostrare fiducia al collaboratore che si prende responsabilità
  • Incoraggiare l’impegno per prestazioni sempre più alte
  • Riconoscere e ricompensare i contributi.

Sono un coach e un formatore, posso aiutarti nello sviluppo delle soft skill, nella vendita e nel marketing. I miei percorsi sono sia individuali che di team. Contattami per saperne di più: antonio@sanna.coach

Antonio Sanna

Coach | Formatore

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