Oggi vi voglio parlare di una “disfunzione” che si può verificare nei gruppi di lavoro che viene definito “groupthink”, ovvero pensiero di gruppo.
Questo fenomeno si verifica tutte le volte che in un team tutti cominciano a pensarla nello stesso modo e nessuno si dice in disaccordo o si arrischia ad esprimere una posizione critica rispetto a quella prevalente, che di solito coincide con quella del capo. Apparentemente si tratta dell’antitesi del conflitto, ma in realtà potrebbe nascondere il classico “fuoco sotto la cenere” che aspetta solo di sprigionarsi in un bell’incendio…


In ogni caso, il pensiero unico mette in pericolo la capacità del gruppo di evitare gli errori, visto che nessuno si arrischia a manifestare i propri dubbi sulla linea prevalente. In questi casi, l’esempio tipico che si fa è quello di Kennedy e della fallimentare operazione contro Cuba alla Baia dei Porci. In quel caso, tale era il carisma del Presidente americano, che nessuno dei suoi collaboratori lo sconsigliò dal tentare l’impresa nonostante avessero qualche dubbio. Era più forte il groupthink, e l’esito fu disastroso per gli Stati Uniti. E la storia può portarci tanti e tanti altri esempi del genere.

Un altro motivo di groupthink è il disimpegno da parte delle persone: le persone non intervengono nel dire la propria opinione per paura di essere denigrate/punite o per totale disingaggio (il pensiero tipico è “Chi me lo fa fare? Rischio di trovarmi un altro lavoro da fare…” o simili…). 

Questo secondo caso è a mio avviso molto più grave, perché è la punta dell’iceberg di un malessere più profondo che porterà all’abbandono da parte di risorse che, se ben motivate, potrebbero fare la differenza (avete sentito parlare di “Great Resignation”?).

Il fatto è che con la complessità del mondo del lavoro odierno, dal mio punto di vista, sfavorire il confronto e il conflitto costruttivo nel team può costare molto caro: basti pensare a quanto “costa” sia in termini economici che psicologici formare una persona e poi perderla, magari “donandola” alla concorrenza.

Se poi questa è una tendenza ormai consolidata nel tempo, io comincerei a farmi qualche domanda sulla sostenibilità di un sistema che crea professionalità e poi le espelle.

I tempi di oggi ci dimostrano che le risorse disponibili sono limitate: anche quelle umane!

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Antonio Sanna

Coach | Formatore


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